Glocalizzazione:
il verificarsi simultaneo di tendenze universalizzanti e particolarizzanti nei sistemi sociali, politici ed economici contemporanei.
Il termine è stato reso popolare nel 1980, dal sociologo Roland Robertson* della Harvard Business Review, il quale scrisse che glocalizzazione significava appunto “la simultaneità, la co-presenza, di tendenze sia universalizzanti che particolarizzanti” [Ved. bibliografia di seguito].
La nozione di glocalizzazione rappresenta una sfida alle concezioni semplicistiche dei processi di globalizzazione come espansioni lineari di scale territoriali; essa indica che la crescente importanza dei livelli continentale e globale si sta verificando insieme alla crescente rilevanza dei livelli locali e regionali.
Tendenze verso l’omogeneità e la centralizzazione appaiono accanto a tendenze verso l’eterogeneità e la decentralizzazione. Ma la nozione di glocalizzazione comporta un cambiamento di prospettiva ancora più radicale: sottolinea l’interconnessione tra il livello globale e quello locale.
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(*) Roland Robertson sociologo e teorico della globalizzazione, ha tenuto lezioni presso l’Università di Aberdeen. In precedenza, è stato professore di sociologia presso l’Università di Pittsburgh. Sebbene il termine globalizzazione sia apparso per la prima volta negli anni ’60, il primo autore a utilizzarlo nel titolo di un articolo sociologico fu proprio Robertson nel 1985. Egli definì la globalizzazione come “un concetto che si riferisce alla compressione del mondo e all’intensificazione della coscienza del mondo nel suo insieme” (fonte). Nelle ricerche che ha condotto sulla globalizzazione culturale, ha proposto di sostituire il concetto fondamentale di globalizzazione culturale con quello di glocalizzazione per il quale, con tale nuovo termine, ha inteso esprime correttamente il processo di fusione tra globalizzazione e localizzazione. [Ved. bibliografia].